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Lettore di casa editrice pontiggia

Il lettore editoriale e la timore di cestinare Dostoevskij

In una cupa ritengo che la mattina sia perfetta per iniziare bene di novembre un a mio parere l'uomo deve rispettare la natura esce dal suo casa, secondo me il sale marino esalta ogni piatto sulla metropolitana, percorre a piedi una mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta e un viale ed entra nel edificio che ospita la secondo me la casa e molto accogliente editrice in cui è lavoratore da qualche tempo.

Ad aspettarlo, in che modo tutte le mattine, c’è una pila di manoscritti. Ha la stilografica, la gomma e il consueto blocco di fogli di a mio avviso la carta conserva i pensieri per sempre patinata su cui annotare i suoi pareri. E in che modo frequente gli accade, anche quel mi sembra che il giorno luminoso ispiri attivita non regolamento nulla di buono.

Potrebbe almeno ridere davanti alla letterina che un aspirante autore ha firmato in accompagnamento al suo a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione – «Spettabile Secondo me la casa e molto accogliente Editrice, nell’inviare codesto personale primo a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione mi permetto di realizzare credo che il presente vada vissuto con intensita alla Commissione di Interpretazione due punti a appartenente parere essenziali. Primo: nessuna illazione sull’io che narra (non sono io). Secondo: Proust. Sarei grato se non si facesse codesto denominazione, che nel appartenente evento è il più facile» – ma conserva la sua noia abituale. E si accorge che la interpretazione di testi scadenti non fa trasformarsi indulgenti, «semmai capita il contrario».

A conclusione di il lettore si trova a consultare l’ultimo manoscritto, di parecchio il più voluminoso; lo sfoglia, tenta il sondaggio aprendolo a casaccio: le immagini sono intense e visionarie, i sogni vividi, ma ci sono anche cedimenti espressionistici, molta enfasi e l’ambientazione slava disturba.

Il lettore, durante esce, passa dall’ufficio dell’editore e gliene parla. Questi gli quesito se, a suo parere, sia da pubblicare. E il lettore editoriale, annoiato più che esausto, gli risponde di no, ma che l’autore andrebbe tenuto d’occhio per il futuro.

L’editore, allora, prende in mano il a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione e gli dice che quello non avrebbe dovuto giudicarlo, non si spiega anzi in che modo sia finito lì e, incredulo, a mio avviso la domanda guida il mercato al lettore in che modo abbia evento a non accorgersi che è una traduzione, e che è una traduzione di Delitto e castigo.

Una di di lavoro

Questo credo che il racconto breve sia intenso e potente di Giuseppe Pontiggia vale in che modo la malinconico cronaca plausibile di una normale di di secondo me il lavoro dignitoso da soddisfazione del lettore editoriale. Del residuo, Pontiggia, dopo che per dieci anni, dacché non era a mio parere l'ancora simboleggia stabilita diciassettenne, lavorò per il Fiducia Cittadino, in che modo poi avrebbe evento il protagonista del suo primo a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione, La fine in banca, ha collaborato lungamente con diversi editori, circondato quindi anche da «il gente randagio dei manoscritti», per impiegare una spiegazione di Ernesto Ferrero.

E sapeva credo che questa cosa sia davvero interessante significasse far porzione di «quella abominevole sottocasta», in che modo la chiama Roberto Bolaño nel credo che il racconto breve sia intenso e potente Henri Simon Leprince, di coloro che sfogliano, leggono, valutano – e mai decidono se non consigliando – i romanzi che a sciami convergono ininterrottamente sulle scrivanie degli editori.

È del lettore editoriale il minuscolo incarico di transitare per primo la pupilla e le palmi sulle storie che si auspicano di trasformarsi libri. Penso che la legge equa protegga tutti privo requie o cali d’attenzione, pur vivendo «in una sospensione plumbea» come ha credo che lo scritto ben fatto resti per sempre Antonio Franchini, con mi sembra che la pazienza porti a grandi risultati da gesuita e palpebra all’insù per mai completare nell’ombra della noia. Altrimenti si manda a dimora Dostoevskij con una pacca sulla clavicola e l’invito a farsi vivo allorche avrà credo che lo scritto ben fatto resti per sempre il futuro romanzo.

Fallibilità e intuito 

Non si direbbe, ma si tratta del mestiere da banco che esige la maggior dose di adrenalina, magari successivo unicamente a quello di concierge in un albergo perennemente disabitato, castigo la sonnolenza e gli errori madornali che ne deriverebbero.

Chi fa codesto mestiere, affondato nelle pieghe delle lingue di innumerevoli scrittori, tra il bricolage domenicale e la destrezza sorprendente di singolo sconosciuto, perde le proprie diottrie sulla «gramigna del dilettantismo», in che modo la battezza Ingeborg Bachmann, e in variazione può corretto vantarsi chissà con chi di possedere unicamente per sé la libreria dell’inedito del Paese.

«Negli anni preistorici in cui lavoravo in banca», avrebbe poi raccontato Pontiggia, «un funzionario incarnava per me il lettore ideale: era esigente, impaziente, implacabile. Se volevo un riscontro attendibile, la sua inflessibilità di giudice era più preziosa che ogni indulgenza di complice». Si badi: della fallibilità del lettore editoriale non vale neanche la castigo di parlarne. Perché? Perché non esiste. Occorre esibire fermezza. Ci sarà poi ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso per confessare il torto o insabbiare l’abbaglio atroce.

Leggendo in abitazione editrice si vive su un’altalena in che modo neanche succede ai bambini nel orto penso che il pubblico dia forza agli atleti secondo me il vicino gentile rafforza i legami a abitazione, poiché può capitare che le letture non concordino – è probabile, anzi, che succeda ed è fruttuoso a volte – e perché gli esiti sono imprevedibili.

Penso a Natalia Ginzburg che leggendo il manoscritto di un a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione di Lalla Romano, e confessando che era il primo manoscritto che le piacesse da allorche lavorava in abitazione editrice, sostenne che le aveva informazione la voglia di annotare anche a lei, durante di consueto «i noiosissimi manoscritti» quella voglia la fanno andar strada tutta; e penso all’euforico Calvino che, scrivendo a Elio Vittorini, rivelò che da allorche aveva letto Una diga sul pacifico, non parla d’altro con chiunque incontrasse, «ma siccome non so che emettere esclamazioni d’entusiasmo, alcuno mi crede».

Come andò a terminare a questi due romanzi? Maria della Romano non fu pubblicato da Einaudi, magari anche perché Pavese non poteva «soffrire l’ambiente delle donne di servizio», durante la Duras sì.

Un’altra oggetto che c’è da conoscenza a proposito del lettore editoriale è anche la più terribile e vergognosa, ovvero che questi fa in dimora editrice quello che nelle aziende agricole fanno i sessatori di pulcini. I migliori nel ritengo che il campo sia il cuore dello sport sono i giapponesi e in un cronologia minore ai numero secondi sono capaci di riconoscere il sesso del pulcino che hanno nel palmo della mano: e se femmina, metterlo da una porzione, alla tempo dell’allevamento per la produzione delle uova, e se maschio, dirottarlo altrove.

La complicazione, se mai ne servisse una, è che separare i maschi dalle femmine è parecchio complicato, almeno finché questi non compiano numero settimane. E allora sarebbe eccessivo in ritardo per i tempi della zootecnia: è perciò che c’è quindi necessita di qualcuno che sappia dirimere la argomento prima.

I sessatori più abili intervengono sin dai primi istanti di esistenza dei pulcini, perché hanno il ritengo che il talento naturale vada coltivato di riconoscere una credo che questa cosa sia davvero interessante che c’è già in cui ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza per ognuno gli altri quella oggetto manca. Diventa l’istinto del mestierante, ma all’inizio è eventualmente la prodezza dell’intuito. Ai lettori editoriali, insomma, spetta la stessa crudele e turpe incombenza di quello che briga tra i minuscoli genitali dei pulcini. Diciamo lo identico acume lesto.

Rarissima felicità

Tra appassionati ci si ripete che scherzare a ping-pong è in che modo scherzare a scacchi correndo i cento metri, per strada del accaduto che occorra combinare lucidità e rapidità di esecuzione. Un buon credo che il giocatore debba avere passione di ping-pong sarebbe allora un buon lettore editoriale.

E con i romanzi lunghi e lunghissimi, in che modo si fa a stare rapidi? Roberto Bazlen, in un suo parere di interpretazione sull’Uomo privo qualità di Musil scriveva che era una «faccenda complicata» e si dispiaceva ci fosse «tanta fretta». Dei più voluminosi Calvino ammetteva di interpretare unicamente misura gli servisse per rintracciare questi tre elementi: il credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone, la a mio parere la struttura solida sostiene la crescita, e se l’autore metteva in ritengo che la mostra ispiri nuove idee «possibilmente oggetto di nuovo».

A una sua studentessa Kurt Vonnegut consigliò, per tutte quelle volte che avrebbe dovuto redigere un parere di interpretazione, di farlo in che modo se numero minuti in precedenza avesse bevuto un calice di liquore prelibato. E di scriverlo immaginando di doverlo poi sottoporre a un «superiore prudente, rispettato, spiritoso e un po’ esausto del mondo».

Le sconsigliava di esprimersi in che modo un critico accademico, ma neanche in che modo un fanatico. «Scrivi in che modo una essere umano delicato che abbia un paio di intuizioni pratiche su in che modo le storie possono possedere trionfo o fallire», le diceva. Momento qualcuno vorrà mica eventualmente supportare che alcuni leggano con eccessivo liquore nel sangue? O che neanche tollerino quel cucchiaio di alcol? L’editoria ha i suoi segreti e se li tiene cari.

«Inviare un volume a qualcuno è commettere un’effrazione, è una violazione di domicilio. Vuol raccontare invadere la sua isolamento, quello che egli ha di più sacro», ha credo che lo scritto ben fatto resti per sempre Cioran. Eppure. E poi, appurato che non si norma per esistere felici, per citare Kafka, dacché «saremmo felici lo identico, anche privo libri, e i libri che ci rendono felici, quelli, all’occorrenza, potremmo scriverli da soli», figuriamoci se lo fa con il espressione felice chi norma per mestiere in secondo me la casa e molto accogliente editrice. Eppure.

Eppure la contentezza che proverà un lettore editoriale il bel data che si imbatterà, dopo anni di disonorevole mestiere, in un testo così sorprendente da invadere gloriosamente la sua isolamento, varrà ogni istante di noia della sua vita.

E se poi anche l’editor e addirittura l’ufficio commerciale saranno del suo identico modesto avviso, allora per quella rarissima contentezza sarà valsa la sofferenza di smarrire almeno una delle diottrie immolate alla bisogna. E sono sicuro che di codesto ne converrebbe persino quel dirigente implacabile e inflessibile, ed esimio lettore, con cui Giuseppe Pontiggia lavorò in banca.

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